Il senso del rifugio
Viene difficile, oggi, argomentare il titolo che pure ci siamo imposti per aprire questo numero di LAV, benché il significato del sostantivo non lasci spazio al dubbio: “Rifugio” come riparo, ricovero sicuro, minimalista nella sua offerta ma caldo, asciutto, sempre pronto ad accogliere chi ne varca l’ingresso. Il Rifugio è, generalmente, punto d’arrivo di un’escursione o base di partenza per un’ascensione.
In un ambiente di condivisione, ha il suo peculiare odore di cucina, un grande libro per le note dei visitatori, il caratteristico timbro, la sua storia appesa ai muri. Nel tempo, naturalmente, questo “senso” è mutato perché è mutato il “Rifugio”, essendo figlio della società che, come sempre, proietta anche in quota le sue dinamiche. Oggi, con l’overtourism che spinge sempre più in alto la massa e il suo basso livello di consapevolezza, qual è il “senso” del Rifugio? Sicuramente l’offerta non è più minimalista e tende a soddisfare appieno la pressante richiesta.
Così il “Rifugio” diviene soprattutto un’azienda di ristorazione (il caratteristico timbro qualche storica struttura neppure lo tiene più). Sia chiaro: nessuno sostiene che non si debba farlo, ma continuare a denominare “Rifugio” anche le strutture che, in quota, propongono all’avventore pregiate bottiglie di vino da stappare all’interno di un giardino esclusivo per poi metterle in ghiaccio al centro del proprio tavolo (prenotato); o che la partnership tra il “Rifugio” e una prestigiosa casa automobilistica porti a sbandierare il brand di quest’ultima con grandi vetrofanie che affiancano il nome del “Rifugio” stesso, e che magari corrisponde a quello di un grande alpinista del passato, non sia propriamente il sincronizzarsi con il nuovo tempo, bensì l’ennesimo, volgare atto di de-culturizzazione della montagna.
Frequentiamo, allora, solo i Rifugi che ne preservano il “senso”.
Fortunatamente per noi, ce ne sono ancora molti. (m.g.)
Chiudiamo l’editoriale con un pensiero rivolto a tre amici della nostra rassegna
che ci hanno lasciato: Loris De Barba, straordinario scialpinista e fotografo,
Roberto Zanrosso, parte del nostro gruppo di lavoro, e Claudio Versolato, per decenni impegnato negli organismi del CAI.
A loro è dedicato questo numero.